Diario di Viaggio: Ventotene, 20/22 Aprile 2018

(DI ANDREA FABBRIZI)

Parlare dell’uscita a Ventotene significa parlare della mia prima, vera esperienza di immersione in acque aperte; da bambino ho passato praticamente ogni estate in Sardegna, a Cala Gonone, passando praticamente più tempo in acqua che fuori, sulla riva. Più avanti ho scoperto la bellezza di indossare una maschera fra gli occhi e l’acqua, un trucchetto da due soldi che mi permetteva di sbirciare, da una finestra in superficie, qualcosa di totalmente nuovo e diverso; poi è arrivato il nuoto, l’allenamento e la capacità di immergermi a lungo, di scavalcare la finestra e scendere giù, fin dove il coraggio e il fiato mi permettevano.

E poi sono arrivate le sigarette, l’università, il lavoro, e il mare divenne sempre più una linea blu che incrociavo con lo sguardo dal cavalcavia vicino casa, o al massimo un incontro casuale, non più la possibilità di tornare a fare l’anfibio. Blatero del passato, ma in fondo può aiutare a capire perché ho iniziato il corso Open Water di 1° Livello, e perché ho deciso di buttarmi e approfittare della possibilità di fare tutte le immersioni insieme.

Volevo riprendermi il mare.Ventotene è un isoletta rocciosa e glabra, che un tempo è stata la casa di chi faceva tirare avanti in carcere di Santo Stefano, qualche chilometro a sud-est. La cosa che non smette di stupire chi viene dai litorali vicino a Roma, come a qualunque città, è il colore dell’acqua: quel blu assurdamente profondo, quella trasparenza che pare surreale, come pare surreale l’aria di montagna. Anche nel porto, anche nel posto che dovrebbe essere più lercio, anche li sguazzano le meduse, che amano l’acqua pulita. I compagni sono persone che hanno tutte, chi più e chi meno, esperienza nel mondo delle immersioni, e non posso fare altro che rubare con gli occhi e con le orecchie un consiglio sul come sistemare il secondo stadio qui, un insulto scherzoso (forse…) sulla manutenzione e la cura dell’attrezzatura qua.Faccio il Primo Tuffo in acque aperte nel pomeriggio stesso dell’arrivo, in una caletta alle spalle del faro, dietro il molo romano. A quanto pare, dopo l’esilio della figlia di Augusto, qualche secolo prima, ai romani rimasti sull’isola non aveva dato troppo problema che l’impero fosse crollato, formando una comunità di pescatori che sarebbe durata ancora un bel po’, fino alla nuova colonizzazione, secoli dopo. L’archeologo che è in me cerca di assimilare quante più affermazioni possibili, per interesse e deformazione professionale, ma è solo un angoletto della testa che se ne occupa. Il resto è solo l’immersione, mantenere l’assetto, fare gli esercizi di base e destreggiarsi tra le meduse intorno a me. E nel mezzo, un gesto di cortesia e gentilezza e una strizzata d’occhio.

Dormiamo verso il centro dell’isola, in stanze a schiera, mangiamo le famose lenticchie locali e piatti cucinati a dovere, ma non faccio altro che pensare al mare, alla prossima immersione. E ai libri di cartografia che mi sono portato e che mi tocca studiare. Dettagli!Prima immersione in acque profonde. Raggiungo la profondità massima e mi limito a galleggiare li, seguendo il contorno della scarpata vicino Santo Stefano. Strano, ero sicuro che mi avrebbe fatto impressione scendere di piu o meno quattro piani sott’acqua, nel mare, che avrei sofferto la paura del blu, di un colpo di agorafobia o altro, e invece niente. Solo il rumore ritmico del respiro, e gesti meccanici che ogni volta diventano sempre più automatici. Togli e metti aria al GAV, controlla i polmoni, compensa, COMPENSA! Chiedi e segnala al compagno, tienilo a portata di contatto e sempre in vista.

I tre giorni mi volano davanti, fra battute sull’essere l’unico mangia erba del gruppo, studio per lavoro e studio di quel nuovo mondo davanti ai miei occhi, quasi senza tempo di pensare, solo per fare, fare, osservare, all’occorrenza bruciarmi un po’ la schiena ed esplorare un po a piedi quello che l’isola mi offre.

Ero partito, mesi fa, da un calcolo di mero utilitarismo, di spese, tempistiche e guadagni dal punto di vista dell’esperienza e della conoscenza. Mi ero scordato cosa volesse dire scendere in acqua senza pensare, e girare, respirando muovendosi ad un pelo dal fondale. Non mi ero accorto di quell’impulso latente, la voglia che avevo di riprendermi il mare.

 

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