Il Capodoglio spiaggiato a Porto Cervo è morto a causa di 22kg di plastica ritrovati nel suo stomaco.
Un dettaglio inquietante si aggiunge a questa triste storia: gli oltre venti chili di materiale gli hanno impedito di partorire un cucciolo di oltre due metri, trovato morto nella sua pancia.
L’animale è morto per denutrizione. Ha ingerito piatti di plastica, borse della spesa, tubi, contenitori di detersivi, reti da pesca e tante altre armi di distruzione di massa prodotte dall’uomo fino a non sentire più il bisogno di nutrirsi.
Il cetaceo misurava 8 metri e pesava 7 tonnellate. Una bellezza da ammirare. Un esempio raro di come il nostro pianeta possa ancora stupirci. Ci sarebbe piaciuto che il Mar Mediterraneo venisse popolato da questi esemplari e invece abbiamo causato la morte di uno di loro.
La plastica ha ormai invaso i mari e attraverso i pesci rischiamo di portarcela in tavola.
Il capodoglio della Costa Smeralda cercava cibo e invece ha ingoiato plastica. Dove? Probabilmente nel grande canyon di Caprera, dove i capodogli si nutrono e si riproducono. La plastica è arrivata fin lì nel cuore del parco nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena nel triangolo di mare tra Francia e Italia, il luogo che dovrebbe essere la zona franca per delfini e balene.
Il capodoglio non è l’unica vittima di questa strate indiscriminata che tornerà un giorno a rivoltarsi contro di noi. Proprio nel fine settimana altre due tartarughe che non riuscivano più a reimmergersi in acqua sono state salvate dalla Guardia costiera nel Sud della Sardegna. Nelle acque del Mediterraneo, secondo l’ultimo studio del Wwf, ci sono più di un milione di frammenti di plastica per chilometro quadrato e circa 10 mila sono già sedimentati.
La storia drammatica del capodoglio di Cala Romantica probabilmente non è ancora finita. Le prime verifiche hanno dimostrato che quel mix di rifiuti aveva riempito due terzi del suo stomaco, mentre la parte restante era occupata da becchi di calamari. Anche questa, spiegano i biologi, è un’anomalia: l’animale, infatti, non è riuscito a digerire neanche quello che dovrebbe essere il suo cibo abituale e anche questo potrebbe essere legato alla presenza della plastica. I ricercatori dell’associazione Sea Me sperano che lo scheletro del gigante di Cala Romantica finisca in un museo e che diventi il simbolo dell’emergenza ambientale del Mediterraneo: «Questa drammatica esperienza – dice la biologa Mattia Leone – ci deve essere utile per raccontare alla popolazione e anche ai turisti quanto sia importante, e urgente, adottare uno stile di vita sostenibile e avere rispetto del mare».
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